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Livio Castiglioni Autoritratto

I Grandi Maestri | Livio Castiglioni

Livio Castiglioni (autoritratto)

In questa sezione abbiamo citato alcuni Grandi Maestri del design, del lighting design e dell’Architettura. Livio Castiglioni ha collaborato con la maggior parte di queste figure. Lo Studio di Via Presolana 5 ha preso vita con lui anche se questo “laboratorio artigianale” (dove è nata la progettazione illuminotecnica) può comunicare attraverso le invenzioni, i progetti, apparecchi di illuminazione, illuminotecnica, l’archivio storico, … , raccontiamo il Grande Maestro attraverso le parole di Chiara Baldacci. Nel 1997, in occasione dei venti anni dalla scomparsa di Livio Castiglioni, scrive questo articolo.

“Ricercatore di comunicazioni luminose e sonore, architetto, industrial designer, esperto in audiovisione e audio cinetica” viene definito Livio Castiglioni nell’introduzione di un’intervista concessa a Silvia Giani nel 1974 dove dichiara, tra l’altro: “Il design di serie mi interessa da un punto di vista tecnologico in quanto il designer, a mio avviso, se deve progettare una macchina fotografica deve essere anche un fotografo.

Livio Castiglion nello studio di progettazione(1974 – Milano Casa – Dialogo con Silvia Giani – Livio Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Insomma c’è il design integrato e c’è il design formale: per integrato intendo che per fare un design bisogna sapere come funziona, i modi tecnologici di costruzione, fare un esame psicologico del fruitore e alla fine, dopo che ho saputo queste cose, viene fuori la linea. Invece non trovo serio fare un disegno solo dal punto di vista formale, il cosiddetto re-design a me non interessa. E soprattutto è il designer che deve portare il costruttore sulla giusta strada. Devo dire: io non ti faccio il disegno se non mi consenti di analizzare come tu lo costruisci e se non mi dai 500.000 lire da dare allo psicologo o … all’ortopedico. Invece si fanno design uno via l’altro, così…”

Nato nel 1911 è stato, fin dal 1930, radioamatore. Passione che lo ha accompagnato tutta la vita, che lo ha indotto a posizionare antenne da tutte parti, trasformare le sue utilitarie in vere e proprie stazioni ricetrasmittenti, che gli ha permesso, con il suo “ci qu, ci qu”, di intrattenere rapporti con mezzo mondo, anche dai più impervi rifugi alpini. Dopo aver frequentato per un po’ di tempo la facoltà di Ingegneria si laurea nel ’36 in Architettura presso il Regio Istituto Superiore di Ingegneria di Milano che poi diventerà Politecnico. Il primo studio lo apre a Milano con Luigi Caccia Dominioni. (…)

Livio Castiglioni(Bastone e cappello – Livio Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

“Avvolto in un mantello nero, il Borsalino ben calzato, occhiali “protagonisti” nel suo volto, il bastone a completare l’insieme, sullo sfondo del pavimento di Bobo Piccoli all’ingresso del Palazzo delle Stelline di Milano in Corso Magenta”.  Così lo ricorda Anty Pansera proseguendo il suo racconto.

“La strada scelta da Livio, di fatto, ha sempre trasceso l’oggetto d’uso comunemente inteso e già al suo esordio, proprio nel 1936, l’anno della sua laurea, lo incontriamo nel milanese Palazzo dell’Arte in occasione della VI Triennale impegnato a ordinare la Sala  delle Priorità italiche in arte dove si era scelto di comunicare con i visitatori per via fantastica: “Il velo di luce che scende dall’alto, dal taglio segnato nel soffitto fino alla striscia di terra tracciata al di sotto del piano pavimento, illumina gli elementi plastici che esprimono gli argomenti trattati. (…) Minimalista ante litteram, lighting designer prima ancora che si affermasse il termine (e il concetto) di design, Livio Castiglioni ha sempre teso a costruire ambienti con la luce, a darle forma e a giocare con i suoi effetti più che disegnare degli oggetti lampada; a creare spazi con i suoni, “pilotandone l’ascolto più che a progettare apparecchi radio. Certo non vanno dimenticati due prodotti di grande pregnanza, due archetipi che gli si devono: un apparecchio radio e una lampada. Progettata con Pier Giacomo e Luigi Caccia Dominioni, l’ormai mitica radio Phonola fu esposta alla mostra da loro curata e dedicata all’apparecchio radio della VII Triennale di Milano ed è il primo radioricevitore (da tavolo e da parete. Il Boalum, progettato con Gianfranco Frattini nel 1971, è un archetipo e si propone come un inconsueto oggetto luminoso in libera forma, un oggetto scultura. (…) Protagonista dell’avvento e dell’affermazione dell’apparecchio di illuminazione / strumento tecnico, sganciato dalla tradizionale collocazione tra le componenti d’arredo. Ed è nel 1972 l’inizio dell’utilizzo negli allestimenti firmati da Livio con il figlio Piero, di quelle alogene nude che nel 1983 Fontana Arte metterà in produzione con il nome Scintilla, un sistema che fa sì che l’ambiente diventi di fatto apparecchio di illuminazione”.
Anty Pansera

Caricatura di Livio Castiglioni(1972 – Cussino – Caricatura Livio Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

 L’angolo della memoria

Qui di seguito riportiamo alcune delle testimonianze e i ricordi di amici e collaboratori di Livio Castiglioni.

“I miei incontri con Livio Castiglioni sono stati tanti, ma purtroppo sono un po’ velati dalla mia memoria dal passare degli anni. Erano incontri impegnativi quando, in casa di Augusto Morello in piazzale Libia, si parlava di design: eravamo agli inizi degli anni Sessanta. Quindi io, come memoria storica vivente del design italiano, non posso che ricordarlo come progettista carico di entusiasmi innovativi tra telefoni, radio, lampadine, fili e fuochi artificiali. Erano anche incontri di giochi e di scherzi: me ne ricordo uno terribile, organizzato in casa sua, in via Morosini quando, con ingegnosi collegamenti telefonici abbiamo fatto alzare in piena notte e scendere in strada, in piena notte, un amico comune con il miraggio di un premio vacanza, poi regolarmente andato in fumo, lasciandolo disperato in vana attesa sul marciapiede. Pochi incontri di lavoro, peccato! Con Gianfranco Frattini per l realizzazione di prodotti illuminotecnici per un albergo a Capri, che poi Kartell non ha concluso. Chiudo gli occhi e me lo vedo ancora davanti con quel suo cappello nero a larghe tese e i suoi personali occhiali da miope. Ciao Livio”.
Giulio Castelli, ingegnere

“Arriva con il suo cappello a larghe tese, il volto sorridente (sempre). Creativo e affabile, con una allure da bohemien pittoresco – ed un humour comunicativo. Ero allora responsabile della comunicazione Osram e Alberto Mornacco, mio collaboratore per tutto il settore fiere e media, me l’aveva presentano.  Compito molto impegnativo, il primo grande padiglione Osram all’Intel nel 1975. All’inaugurazione, i 220 metri quadrati del padiglione, tutto aperto, erano illuminati da un sistema innovativo con alogene “a nudo”, “Scintilla”, messo in opera per la prima volta in una grande esposizione internazionale. Un cielo di stelle, una vera festa. Non poteva che realizzarlo Livio, innamorato della luce, come suo figlio Piero.”
Giorgio Antonelli, giornalista

Padiglione Osram(1977 – Intel Padiglione Osram – Livio e Piero Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

“Ho due speciali ricordi di Livio. Quando stavo progettando la sede del settimanale “Espresso” a Roma, ho chiesto a Livio che con la sua abituale disponibilità ha subito accettato volentieri, se voleva occuparsi dell’illuminazione. Lo conoscevo da molto tempo, ma è stato da allora che, lavorando assieme, ho avuto modo di conoscerlo meglio e capire che “fenomeno fosse”. Parlo di “fenomeno” perché non si incontra spesso una persona semplice e diretta, anticonformista, artista, un inventore di nuove tecnologie, un raffinato dandy, un grande umorista, riuniti nello stesso individuo. Quando ci siamo recati nel cantiere di Roma, ho avuto la prima percezione del “fenomeno” nel vederlo – con un cappello nero a larghe falde, una sciarpa bianca sul vestito scuro impeccabile e un sottile bastone di bambù, con cui giocherellava passeggiando per le sale fra operai, fornitori e rappresentanti del cliente che lo guardavano sbalorditi e ammirati – elencare con esattezza il tipo giusto di lampade da impiegare, spesso inventando al momento nuove soluzioni. Ad esempio, un nuovo supporto di lampada, per risolvere un problema in alcune specifiche situazioni. Va da sé che il risultato finale è stato un grande successo per entrambi. Un altro shock l’ho avuto quando a Milano ci siamo trovati nel suo “studio-laboratorio-magazzini-ufficio” affascinante nel suo disordine “ordinato” che raggiungeva l’apice sul suo tavolo scrivania: tutto quello che normalmente viene, in un ufficio, sistemato in classificatori, schedari, rubriche e in un computer, cioè note, lettere, schizzi, ricevute, fatture, indirizzi, ecc. era semplicemente disteso a strati sulla sua scrivania! Non solo il “fenomeno” trovava subito quello che cercava sullo strato visibile ma, cosa straordinaria, sapeva che l’indirizzo di un certo artigiano era annotato in un foglietto in un dato punto del tavolo, alcuni strati sotto a centinaia do altri foglietti simili e lo estraeva con malcelata soddisfazione. Chi non prova una grande nostalgia per una persona così straordinaria? Per fortuna in Piero ne è rimasto gran parte.”
Roberto Menghi, architetto

Incontro tra Gio Ponti e Livio Castiglioni(Livio Castiglioni e Gio Ponti – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

“Correva l’estate del 1964: Livio ed Io, invitati ad una festa in maschera, pensammo bene di affittare, assieme ai costumi, anche due parrucche femminili per la serata. Arrivati in piazza San Babila ci venne in mente di indossare le parrucche e di entrare trionfalmente in piazza sulla spider scoperta e sotto gli occhi allibiti di passanti e vigili. Qualche anno dopo, a Capri, bisognava trovare una soluzione per illuminare la piscina di un albergo; stavamo discutendo quando mi cadde l’occhio su un addetto delle pulizie che stava raccogliendo le foglie con una specie di aspirapolvere dotato di un lungo tubo flessibile. Mi venne in mente che quel lungo serpente, opportunamente modificato, avrebbe potuto contenere una lunga fila di lampadine e trasformarsi in un oggetto luminoso da sistemare sui bordi. Subito, e come sempre entusiasta, Livio iniziò a lavorare all’idea inventando le palline da ping-pong modificate e adattate per favorire gli snodi del tubo e discutendo con me tutte le soluzioni tecniche che avrebbero portato al “Boalum”. Livio Castiglioni è stato al mio fianco come amico e collaboratore per tanto di quel tempo, e così intensamente, che ancora oggi mi accorgo di pensare con rimpianto ai nostri momenti di scherzi e discussioni, ai lunghi viaggi su e giù per l’Italia, alla sua semplicità, intelligenza e carica umana. Una carica intensa e coinvolgente in cui confluivano gli interssi più disparati, tenuti assieme dalla volontà di conoscere e sperimentare. Quello che Livio Castiglioni ha rappresentato per la storia del design e dell’illuminotecnica lo sanno tutti. Pochi sanno che era anche un bravo fotografo, cineamatore e grande appassionato di fuochi d’artificio dai quali non si separava mai, procurandoci divertimento ed illuminando le serate di lampi colorati. Goliardo per vocazione, smitizzava la propria professione tanto da tenere nella sua casa di via Morosini un’incredibile raccolta di oggetti kitsch che andava assemblando su un pilastro posto al centro del soggiorno, che chiamavamo “la colonna infame”. Ma nel lavoro dominava il rigore e la capacità di inventare dal nulla, propria dei grandi progettisti. E poi amava la vita ed è forse questo il ricordo più bello e l’eredità più importante che mi ha lasciato e che mi accompagnerà per sempre.”
Gianfranco Frattini, architetto

L'insieme del complesso luminoso Boalum(1972 – Torino Eurodomus 4 – Complesso luminoso Boalum Artemide – Livio Castiglioni e Gianfranco Frattini – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

“Bilbao 1976, più o meno. Pranzo ufficiale per l’inaugurazione di un importante negozio di mobili. Alla tavola fastosamente apparecchiata siedono decine di persone dall’aspetto importante. Un giovanissimo Paco de Lucia suona una chitarra andalusa e dedica a Cini Boeri musiche dolcissime e virtuose. A capotavola, Livio Castiglioni elegantissimo si alza con un calice di vino in mano: il braccio è appena teso verso gli ospiti che, educatamente, si alzano pronti ad ascoltare un breve discorso, come si fa in questi casi e a brindare con quel signore sconosciuto ma che, dal tono, potrebbe essere un ambasciatore. La musica cala sfumando. Livio allunga un poco la pausa, con un sorriso appena abbozzato, lo scherzo irresistibile e, nel più ossequio dei silenzi, dice: “Non so voi, ma io bevo solo vino rosso!”. Applausi scroscianti. Livio, con il grande Borsalino nero sulla testa, era attratto in modo irrefrenabile dal gusto di generare stupore, così come attraverso artifici di varia elettricità, dava nuove e stupefacenti forme alla luce con la minor complessità strutturale possibile. Al lavoro, Livio, con due paia di occhiali calati sugli occhi e parcheggiati sulla fronte, a seconda della focale richiesta, pareva un ritratto di Saul Steinberg. Parlava di cose molto complicate, con la leggerezza di un narratore di favole, tanto che anche a me, che proprio non me ne intendevo, pareva di aggirarmi con familiarità, perfettamente cablato, dentro l’instabilità dei neutroni. Come chi pratica la trasgressione poetica, districava il groviglio delle banalità per ridurre i concetti a un “poco” apparente ed esaltante. Quelle sottili catenelle d’argento con un quarzo di luce sono l’esempio insuperabile di chi sa creare il massimo stupore con il minimo dei mezzi. Ricordo Livio (maschera di Steinberg) come Bruno Munari (Angelo senza tempo): dolcissimi e inimitabili inventori di folgorazioni. Livio ha rivelato al mondo il mistero dell’elettricità. Ha teso casi invisibili per costruire cieli stellati, ha arroventato resistenze per rivelare il suono della dilatazione, ha proiettato i punti e le linee del futurismo in forma di luce, ha percorso la sua esistenza come un giocoliere che disegna arabeschi di elettroni scoppiettanti. Il suo lavoro era un gioco apparente. Rese visibile una parte sorprendente dell’invisibile.”
Pierluigi Cerri, architetto

Livio Castiglioni mentre recupera una lampada(1942 – Russia durante la guerra – Recupero lampada incandescenza – Livio Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Caro Livio, scusami se ho fatto trascorrere troppo tempo ma solo ora mi viene data l’occasione di scriverti. Il vuoto che hai lasciato tra gli amici, e nella tua professione di genio, ancora oggi non è stato colmato da nessuno. Spesso mi attanaglia la nostalgia di quando lavorando assieme, nelle lunghe notti che precedevano l’inaugurazione di qualche esposizione che avevamo progettato assieme, il tuo buon umore e gli scherzi e le battute che facevi a tutti e su tutti erano il nostro costante companatico. Mi ricordo sempre la cena a Parigi dove, tra un bicchiere di vino e un altro di vino, inventavi soluzioni incredibili e uniche per animare l’ingresso dell’Eurodomus che dovevamo fare in Triennale. Alla fine proponesti una soluzione che mi obbligò addirittura di rivolgermi all’Azienda Elettrica Municipale per avere la quantità di energia necessaria (in quantità industriale) e di cercare per tutta Italia chilometri di filo sottile al nikelcromo tutto per far danzare nell’aria sopra il grande scalone, questi fili roventi creando a tutti i visitatori emozioni e rischi imprevedibili. E quando in una mostra sull’ambiente, simulando situazioni meteorologiche variabili, all’interno dei padiglioni di Torino Esposizioni facesti correre i visitatori a cercare ripari od ombrelli convinti, data l’impressionante realtà simulata della situazione, che si fosse scatenato un temporale addirittura all’interno dell’esposizione. In poche parole, caro Livio, mi machi, e soprattutto a Milano manca un architetto come te sensibile, geniale, non arrogante e simpatico. Ti voglio bene. Cesare
Cesare Casati, architetto

“Livio, geniale, imprevedibile, divertentissimo amico. Poliglotta, a Bilbao quando lavorò per me per un grande showroom, parlava il suo spagnolo che era un misto di genovese e veneto, il suo francese era milanese arricchito di strani accenti, il suo italiano era spesso un caldo e cordiale milanese. Per il mio lavoro creò la “scintilla” e ne rimango molto orgogliosa. Mi insegnò a giocare con la luce e con lui mi resi conto che elemento importante fosse nell’architettura. Generoso nella sua genialità, appena chiamato compariva e ti trascinava con entusiasmo nell’invenzione del momento. Ma scompariva venti anni fa, così banalmente, così accidentalmente, con grande dolore di tutti noi che l’abbiamo conosciuto”.
Cini Boeri, architetto

45 Anni di Domus a Parigi(1973 – Francia – Parigi – Louvre Museum – “45 Anni di Domus” – Livio Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Incontravo Livio ogni tanto nello studio di mio marito. Ci salutavamo, scherzavamo, lui sempre con il suo cappello personale e col suo gestire particolare. Non frequentavamo spesso la famiglia. Però c’è stato un episodio che mi ha fatto sentire Livio come uno zio d’Italia. Mio marito non mi telefona mai quando è fuori Milano e mi sono abituata a quel modo suo. Succede che Livio e mio marito partirono per Jeddah per il cantiere di un albergo che stava finendo. Passavano i giorni, era passato anche il giorno previsto di rientro di mio marito. “Forse mi telefonerà” speravo dentro di me, “Se è successo qualche incidente telefonerà un’autorità”. Una sera squilla il telefono (…): era Livio. Mi disse: “Tomoko, sono Livio, non preoccuparti per Emanuele. L’ha portato via lo sceicco per fargli vedere una sua villa, o qualcosa del genere, ma tornerà subito a Jeddah. Se hai bisogno di soldi o di qualche cosa chiedi a Cesare”. Dopo quella sera Livio mi telefonava sempre per tranquillizzarmi. (…) Quelle due telefonate serali mi hanno fatto sentire felice e sicura in Italia, come fosse stata la stessa terra dove sono nata e cresciuta. Sono così felice di aver provato il suo affetto: è passato tanto, tanto tempo, ma non dimenticherò mai il cuore dolce di Livio. Dal Paradiso mi dirà “Che stupidaggini dici!”.
Tomoko Ponzio, moglie dell’ingegnere Emanuele Ponzio

Progetto del Big Chandelier(1979 – Jeddah – Big Chandelier per la hall dell’hotel Meridien – Livio e Piero Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

LIVIO, O DELL’IRONIA POSITIVA … Livio era il più vecchio ma condivideva l’eterna giovinezza del terzo, Achille. Livio aveva due vocazioni: quella del tecnico (chissà che cosa avrebbe combinato se fosse vissuto abbastanza per lavorare “nei” computer) e quella del designer, ma quest’ultima vissuta come un regista di teatro. Sapeva tutto sulle tecniche, specie su quelle ancora ignote agli altri, ma quel che faceva era una critica alla loro freddezza, alla loro solo logica. Così la sua immaginazione, non solo la fantasia, non si riduceva a vestire, ma entrava nei sistemi atti a produrre suoni, le luci, le immagini. E tanto spesso riusciva a “portar fuori”, quei circuiti, fili, connessioni e a farli diventare oggetti, paradossalmente de-tecnicizzati. Cominciò con quel capolavoro che fu la Phonola di prima della guerra progettata con Luigi Caccia Dominioni e Pier Giacomo (Achille, non ancora laureato non firmava ancora): l’altoparlante a 45°consente di ascoltare la radio posta sul tavolo o attaccata al muro; la rapidità di selezione suggerì i primi comandi digitali della storia della radio. E Nizzoli certo non la dimenticò disegnando la Lexicon dieci anni dopo. Più tardi, con Frattini, il “Boalum” che, portando il lucore in giro per le stanze, faceva violenza alle convenzioni del punto-luce, annullandolo. Quando si trattò di illuminare lo scalone d’onore della Triennale, si servì del principio del regolatore di Watt nell’attacco-distacco dei cavi – scoperti! – da cui luce e buio alternati che componevano e svelavano il disegno. Una volta volle rappresentare il suono con la luce: così, volume sonoro e intensità luminosa crebbero e si ridussero insieme, simbolicamente e l’occasione era ironica, ma non verso il design. Tutti i fattori tecnici si traducevano per lui in sensoriali, in funzioni favorite e tirate al limite dell’immaginazione, ossia all’intenzione di far superare al destinatario la mitologia della tecnica. In questo, pur venendo da un clima futurista, Livio fu anti-futurista, un razionalista a modo suo; di quelli che vorrebbero che la ragione sapesse gestire anche i sentimenti, ma attraverso segni intrinseci alla struttura. Contro coloro che i critici sostengono aver scelto l’ironia per battere la prepotenza della funzionalità – e con ciò, eccetto pochi, finirono spesso per buttare il design, i suoi principi e talora persino il buonsenso – Livio scelse l’ironia verso la tecnica pur amata e contro la facile banalità dei suoi esiti. Chi l’ha conosciuto sa che questo è vero. Anche per averlo provato nella vita quotidiana, nel tratto, nel giudizio sulle cose. Livio è stato, con altri pochi, il campione di quella che si può definire ironia positiva. Una lezione che non è davvero conclusa.
Augusto Morello, professore presidente ICSID

Una mattina del tardo autunno di molti anni fa, vidi arrivare nella mia bottega l’architetto Piero Castiglioni con in mano due pezzi di legno non molto lunghi: uno seghettato su un lato e, puntato all’estremità, un altro pezzetto di legno sagomato, che pretendeva di essere un’elica. L’altro, un bastoncino del diametro di poco più di un centimetro. Senza parlare, mi si para davanti e comincia a sfregare il bastoncino sulla parte seghettata dell’altro pezzo. Misteriosamente, il pezzetto di legno mal sagomato, cioè l’elica, si mette a girare. Ma non è finita. Cambiando l’inclinazione della parte seghettata e sfregando il bastoncino, l’elica ruota nell’altro senso. Un po’ di sbigottimento e meraviglia e, dopo una pausa, l’architetto si mette a parlare: “però tu sei un “falegname” e lo eseguirai bene, con la stessa cura con cui fai le tue cose”. Era nato il “Segavento”. I pezzi di legno che aveva in mano l’Architetto Livio Castiglioni, nella mattina del tardo autunno di molti anni fa, sono conservati nella mia bottega dentro un cofanetto realizzato appositamente. Questo e molte altre geniali “invenzioni” anche nel campo dell’arredamento, molte volte con protagonista la luce, erano all’ordine del giorno lavorando con l’architetto Castiglioni.
Pierluigi Ghianda, ebanista

Livio e Piero Castiglioni(Livio e Piero Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

A seguire le orme di Livio, il figlio Piero, architetto e designer, vivacemente e intelligentemente attivo nell’oggi, punto di riferimento per ogni tema/problematica della luce.

Bibliografia:
(1) Courtesy Chiara Baldacci – Pubblicato su Flare – Architectural Lighting Magazine – n°22 – DICEMBRE 1999 – pag. 78
(2) Anty Pansera. Dizionario del design italiano, Milano, 1995, Cantini Editore

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