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Primo piano di Gae Aulenti

I Grandi Maestri | Gae Aulenti

Gae Aulenti (autoritratto)

“Credo che il luogo sia innanzitutto un fatto concettuale, cioè un fatto di cultura; infatti se si opera a Parigi, a Barcellona, a Milano o a Roma, le condizioni culturali sono diverse. Capire queste diversità, e conoscerle, diventa, per chi si accinge a progettare, una necessità, in quanto si deve operare in continuità con la tradizione del luogo.” Gae Aulenti (1)

Gae Aulenti e lo Studio di via Presolana 5

Gae Aulenti, Livio Castiglioni e Rina Brion(Livio Castiglioni con Gea Aulenti e Rina Brion – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Questa citazione, descrive un concetto che applichiamo all’elaborazione dei concept nei progetti di Architectural Lighting Design. Gae Aulenti, per lo Studio di via Presolana 5, è una figura importante. Collaborazione iniziata con Livio Castiglioni e poi consolidata nel tempo con Piero.

“La Signora dell’Architettura” , definita così dall’Ordine degli Architetti di Milano, nel 1953 consegue la laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Dal 1964 al 1969 è assistente presso la cattedra di Elementi di Composizione Architettonica del prof. Ernesto Nathan Rogers alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.

“Aulenti, appena laureata, è stata (prima ancora che fosse conosciuta, nota), assistente di Ernesto Nathan Rogers all’università. Era la mia assistente nel corso di Elementi di Composizione Architettonica, fin dall’ora mi ha fatto dannare. Avevo fatto un progetto, erano una dozzina di tavole, avevo tre giorni a disposizione, lo feci vedere a lei, prima di portarlo all’esame. Lei mi dice che il progetto andava benissimo ma che doveva essere fatto a china, e quindi ho lavorato tre giorni e tre notti. Naturalmente caffè, coca cola, sigarette, in grande quantità per poter star sveglio, radio a tutto volume. Questo è stato il primo incontro che ho avuto con la Gae. Poi abbiamo lavorato insieme, anche con mio padre, su alcuni progetti e poi il primo lavoro importante è stato il Museo D’Orsay e di lì ne sono seguiti molti. Ma sempre mi ha fatto impazzire! Lei un giorno mi dice “Guarda che devi mettere le lampade lì per illuminare là” e dico guarda Gae che la luce non curva, non l’abbiamo ancora inventato, “A ma tu sei bravissimo, puoi riuscire a curvala” mi diceva. Mi ha sempre fatto impazzire. Però poi abbiamo sempre avuto dei buoni risultati. Gae per me è stata una grande scuola, ma come tutti gli altri, perché quando lavoro con i vari architetti, do a loro delle soluzioni che magri si aspettano o anche non si aspettano, con sorpresa quindi, ma imparo molte cose. Uno degli elementi fondamentali di un buon progettista è la curiosità, mio zio Achille diceva: “ Se non siete curiosi lasciate perdere”. Piero Castiglioni

Piero Castiglioni e Gae Aulenti al lavoro(Piero Castiglioni con Gea Aulenti – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Numerosi sono i progetti che vedono la collaborazione della Signora dell’Architettura con l’Architetto della luce: nel 1985 a Parigi il Museo Nazionale d’Arte Moderna Centro G. Pompidou, nel 1987 a Barcellona il Museu d’Art Catalunya, nel 1992 a Siviglia l’ Expo 1992 Palazzo Italia, nel 1999 a Milano la Stazione Ferroviaria Cadorna e la piazza, nel 2006 Palazzo a Vela – Giochi Olimpici Invernali 2006 a Torino, nel 2012 l’aeroporto di San Francesco d’Assisi a Perugia. Innumerevoli “Exhibitions” a Palazzo Grassi a Venezia e negli spazi espositivi più prestigiosi nazionali e internazionali.

L'illuminazione di una delle stanze di Palazzo Grassi(1986 – Italia – Venezia – Palazzo Grassi – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Dialogo tra Gae Aulenti e Franco Raggi – 23 Maggio 1991

Potremmo parlare di luce, di cultura della luce, di luce e architettura di luce nell’architettura; tu lavori come designer e come architetto che rapporto c’è tra le tue lampade e le tue architetture?

Mah … io non ho quasi mai disegnato lampade da sole , le mie lampade sono una conseguenza, io ho sempre disegnato lampade per luoghi specifici , alcune poi sono entrate in produzione …

Non hai mai disegnato senza pensare ad un luogo?

Poco, ho disegnato un sistema per uffici … i “Sistemi Tre” , ma tu non la ricorderai, in genere le mie lampade sono legate a situazioni precise, a spazi e tempi di progetti d’architettura….

Allora sei una designer un po’ casuale, un po’ occasionale rispetto agli specialisti della luce, ai tecnologi dell’illuminazione …

Sì, anche se però c’è sempre alla base una riflessione sull’uso che comporta una riflessione tecnica, come per questa qui …

Quale?

Questa qui sul tavolo… si chiama… oddio non mi ricordo… si chiama Pietra, è una luce che io considero una luce da ufficio, … non è una luce per lavorare, ma una luce per “parlare” intorno ad un tavolo, perché non sempre si lavora leggendo o scrivendo, si lavora molto anche parlando e allora ho pensato a una luce da ufficio per illuminare discretamente un colloquio…

Pensi più partendo da situazioni che da prestazioni tecniche o illuminotecniche?

Io penso che noi lavoriamo con tre cose: gli spazi, la luce sopratutto diurna, ma anche notturna, e l’architettura; poi c’è la luce come disegno, come strumento di puntualizzazione architettonica e la luce come fatto funzionale integrato come nei musei, dove fa parte della progettazione, non solo del desiderio, ma della necessità.

Tra la luce come necessità tecnica e la luce come possibilità espressiva cosa scegli?

Nessuna delle due. Io penso all’architettura come possibilità tecnica di filtrare la luce, di attenuarla. In fondo il problema è proprio quello non tanto di come fare luce, che quella diurna appunto c’è, ma di come fare ombra… per esempio nel padiglione italiano che si sta costruendo per l’Expo di Siviglia.
Il problema è stato quello di proteggersi da questo grande calore e luce che c’è appunto a Siviglia. Allora l’edificio è fatto da due edifici, uno è l’involucro, un recinto, un perimetro di finestre costruito che appoggia sull’acqua e che circonda e contiene un secondo edificio. Il primo è come una pelle che lascia passare la luce, la lascia filtrare e riflettere sull’acqua ed entrare nel secondo, che è il padiglione vero e proprio.

Progetto per il padiglione Italia a Expo 1992(1992 – Spagna – Siviglia – EXPO 1992 – Palazzo Italia – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Quindi tu pensi alla luce come una variabile indipendente dentro la scatola dell’architettura, come un elemento variabile, quasi casuale.

Apparentemente casuale, è come predisporre un arco vasto ma limitato alla casualità, alla variabilità del mondo esterno. Come preparare dei percorsi obbligati delle trappole e attendere gli eventi.

Qual è la prima lampada che hai disegnato?

La “Giova” che è un vaso su una lampada, una pianta sopra una luce, e poi la “Pipistrello” .

Dettaglio della lampada Giova(1964 – Lampada da tavolo “Giova” per Fontana Arte – Gae Aulenti – Photo courtesy: Pinterest)

Nella casa nell’ambiente domestico come entra la nuova tecnologia, l’evoluzione illuminotecnica? in fondo la vera rivoluzione nel design l’hanno fatta le lampadine.

Non saprei, io continuo a pensare che le nuove lampadine hanno anche deformato il discorso luminoso nelle case trasformandole in uno spazio con tanti punti di luce, che mi ricorda un po’ le processioni, le madonne; tante luci diverse come se per ogni funzione ci debba essere la lampadina, mentre poi sappiamo che una stessa luce cambia a seconda di quello che gli mettiamo attorno. Per esempio io ho sempre odiato quei faretti tecnici americani direzionali, che illuminano per punti invece di diffondere; appunto il contrario di quello che fa l’architettura con la luce.
Io sono contro l’abbagliamento e tanto più nella vita quotidiana mi sembra che certe nuove luci hanno trasformato nei salotti la conversazione in un interrogatorio.

E gli edifici intelligenti?

Gli edifici non sono intelligenti, sono progettati intelligentemente. C’è un po’ di trionfalismo intorno a questi progetti di sistemi automatizzati. Quando studiavamo D’orsay ci dissero “…guardate che a Londra hanno realizzato un soffitto diffusore intelligente che segue le variazioni luminose del cielo…”. Allora siamo andati a vedere e ci siamo accorti che la velocità di variazione era più veloce della capacità di reazione; c’erano queste povere tendine che continuavano ad inseguire i cambiamenti del cielo, e poverine sembravano impazzite, …avanti e indietro e davano il senso di un affanno dell’intero sistema, era un po’ angosciante.
Il problema è che si introduce una complessità sproporzionata al problema da risolvere. In fondo si tratta di diffondere la luce su dei valori medi accettabili non di mantenere uno standard a tutti i costi; non so mi sembra che ci siano ben altre cose da cui difenderci nelle quali si potrebbe applicare tecnologia sofisticata. L’architettura deve essere semplice e non richiedere troppa manutenzione.

Gae Aulenti al Musee d'Orsay(1986 – Francia – Parigi – Musée d’Orsay – Photo courtesy: Pinterest)

Insomma non bisogna dimenticare la vecchia tapparella?

Meglio ancora la persiana, è più semplice, e ricordarsi che di giorno una finestra è una bellissima lampada. (2)

A proposito di lampade, …. Gae Aulenti è anche protagonista del disegno industriale italiano. Alcune icone, ancora oggi sono presenti nei cataloghi degli apparecchi di illuminazione design.

  • 1965 – Lampada da tavolo “Pipistrello” per Martinelli Luce – Gae Aulenti

Gae Aulenti e la sua lampada Pipistrello(1965 – Lampada da tavolo “Pipistrello” per Martinelli Luce – Gae Aulenti – Photo courtesy: Pinterest)

  • 1975 – Lampada da tavolo “Patroclo” per Artemide – Gae Aulenti

Dettaglio della lampada da tavolo Patroclo per Artemide(1975 – Lampada da tavolo “Patroclo” per Artemide – Gae Aulenti – Photo courtesy: Pinterest)

  • 1980 – Lampada da tavolo, parete e da terra “Parola” per Fontana Arte – Gae Aulenti e Piero Castiglioni

Lampada da tavolo e da parete Parola(1980 – Lampada da tavolo, parete e da terra “Parola ” per Fontana Arte – Gae Aulenti – Piero Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Gae Aulenti si dedica anche al Teatro. Elektra di Richard Strauss, nel 1994, Teatro della Scala Milano; Il viaggio a Reims di Gioachino Rossini, dal 1984 al 1992, a Pesaro, a Milano, a Vienna e a Ferrara; Wozzeck di Alban Berg, nel 1977, al Teatro della Scala e al Theatre de l’Opera a Parigi. “Dal primo momento individua nella scatola scenica non un contenitore da abbellire e rendere riconoscibile nel senso di qualcosa che già è noto, ma uno spazio vero e proprio. E se con il suo ingresso in teatro si verifica un cambiamento radicale, è nel senso più naturale della consapevolezza acquisita della proprietà della scena, di uno studio approfondito del mezzo.” Franco Quadri (3)

Bibliografia:
(1) M. Petranzan, Gae Aulenti, Ginevra-Milano, 2002, Rizzoli – Skira
(2) Courtesy Franco Raggi: Dialogo tra Gae Aulenti e Franco Raggi pubblicato su Flare – Architectural Lighting Magazine – n°5 – settembre 1991 – pag. 38
(3) M. Petranzan, Gae Aulenti, Ginevra-Milano, 1996, Milano – Rizzoli

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Questa sezione è dedicata al design e alla storia dell'architettura. Cercheremo con l'analisi storica di capire i bisogni attuali e quali saranno gli obiettivi futuri. Inoltre parleremo dei concorsi, le porte di accesso al mercato del lavoro, delle associazioni di settore e dell'indotto reale dietro le multinazionali produttrici di lampade.

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