Piero Castiglioni: Architetto e Light Designer
I tre fratelli Castiglioni, Livio, Pier Giacomo e Achille partecipano alla storia della tradizione del design italiano. Sono i figli di Giannino Castiglioni maestro scultore del 900 italiano. Piero Castiglioni nato a Lierna nel gennaio del 1944, figlio di Livio, lavora nel contesto del design italiano: svolge un’accurata ricerca sulle sorgenti luminose e la loro tecnologia, dedica esclusivamente la sua vita allo studio dell'illuminazione.
Il progetto incontra la luce e crea, per la prima volta in Italia, la figura del light designer. Traccia il suo percorso in collaborazione con l'architetto Gae Aulenti prima e Renzo Piano poi. A Parigi, il Musèe d'Orsay, Palazzo Grassi a Venezia e la Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato a San Pietroburgo, sono il risultato di sperimentazione di nuove forme a creare una cultura dell'illuminazione. Il metodo del light designer Piero Castiglioni è caratterizzato dalla libera lettura del progetto nel suo contesto senza preconcetti. Le modalità di intervento vengono suggerite dall'attenta lettura del contesto.
Video: "Pier Giacomo 100 volte Castiglioni", prodotto da ISAI design academy, a cura di Piero Puggina. Intervista video a Piero Castiglioni, architetto e light designer, figlio di Livio Castiglioni - Milano, giugno 2013 prodotto in occasione della mostra: 1913 -2013. Evento di "La Città dell'architettura n°1", 6 settembre - 6 ottobre 2013 Vicenza, Basilica Palladiana. Foto courtesy: Andrea Vailetti
Piero Castiglioni: elettricista, architetto, lighting designer
Piero Castiglioni light designer ama definirsi "elettricista prima che architetto". I suoi progetti sono la conseguenza di una lunga e meditata ricerca condotta sul campo, all'interno dello spazio architettonico, grazie a una solida cultura tecnico-scientifica e ad un atteggiamento empirico, alimentati da una costante curiosità sperimentale. Nel 1972 nasce lo studio a Milano in Via Presolana 5, Piero Castiglioni si associa al padre Livio e inizia la collaborazione. Producono i primi apparecchi artigianali, utilizzano le nuove lampade alogene "nude" sospese su cavo, che sfruttano l'ambiente stesso come diffusore di illuminazione: nasce il sistema Scintilla con il suo sfavillio.
Nel 1979 Piero Castiglioni inizia a lavorare come light designer per Fontana Arte, con Gae Aulenti come art director e Pierluigi Cerri consulente per l'immagine. Nel 1983 cessa la produzione artigianale all'interno dello studio di Via Presolana, vengono ceduti i diritti del "Sistema Scintilla" alla Fontana Arte e così ebbe inizio la produzione a livello industriale. Oggi a distanza di oltre quarant'anni dalla sua immissione sul mercato, il sistema conferma il successo, nonostante l'avvento delle sorgenti LED che ancora non raggiungono elevate potenze di emissioni. Il light designer nasce innanzi tutto dall'interesse per la luce intesa come fenomeno visibile di manifestazione dell'energia: l'uso è sempre in tensione tra funzionalità e effetto sorpresa, stupore, gioco con la materia visiva.
Per i Castiglioni, ha sostenuto l'architetto Vittorio Gregotti, "la questione del light designer, del suo trattamento e ancor più dell'elettricità e delle sue tecniche possibili di conduzione e diffusione, possiede un fascino simbolico oltreché di suggestione formale, si potrebbe dire che il loro è un interesse di radice futurista non negli elementi formali, ma per la luce come miracolo tecnico duttile e spendente della modernità". La ricerca all'interno del mondo e degli strumenti "dell’ architetto della luce", avvicina il lavoro di Piero Castiglioni a un ruolo analogo a quello del direttore della fotografia, nella tradizione del cinema italiano spesso riconosciuto come co-autore e artefice dell'invenzione narrativa.
Dal concetto di sparkling light, la luce spumeggiante ad abbagliamento diffuso con la quale Piero Castiglioni si pone contro l'ortodossia illuminotecnica negli anni Settanta, alla nuova oggettività proposta come atteggiamento etico per la luce nei musei negli anni Ottanta, alle posizioni più recenti sulla necessità di naturalizzare l'artificiale negli spazi di lavoro, il ruolo di light designer è sempre teso al rovesciamento delle prassi comuni, a proporre forme di pensiero, concetti più consoni alla dimensione contemporanea, nella consapevolezza che la materia della luce può essere davvero pensata in un altro modo.
Illuminotecnica Milano: Studio di via Presolana
Il progetto del light designer si conferma negli anni Ottanta come uno degli strumenti fondamentali per la definizione di un nuovo approccio allo spazio espositivo e museale, che ne diventa una dei campi privilegiati di sperimentazione. Il progettista illuminotecnico inizia ad assumere un ruolo centrale anche nelle strategie di valorizzazione dei beni culturali. Sul rapporto tra luce e opere si esprimono i soprintendenti, i direttori dei musei, i curatori, i conservatori, i tecnici, gli architetti. Piero Castiglioni si propone in questi anni come figura di interprete in grado di lavorare con la luce, tra le dimensione dell'architettura e quella del progetto espositivo, controllando gli aspetti normativi, quelli tecnico funzionali e trovando soluzioni significative al problema del rapporto tra luce naturale, componente artificiale e lettura delle opere esposte.
Nella metà degli anni Ottanta, per un decennio, Piero Castiglioni si occupa del design dei prodotti, dalla definizione di alcuni concetti evolutivi sull'idea di sistema. Il ruolo del light designer è stabilire una relazione tra disegno dell'oggetto e pensiero della luce, il suo controllo, i suoi rapporti, precede il pensiero sulla forma dell'apparecchio.
Piero Castiglioni inizia da una conoscenza diretta e profonda delle sorgenti luminose, dalle più tradizionali alle più sofisticate, è consapevole che l'apparecchio d’illuminazione è innanzitutto un dispositivo, deve permettere che la luce eserciti l'effetto o l'insieme degli effetti per cui è stata programmata. Si possono identificare tre linee guida, che riflettono altrettanti atteggiamenti progettuali: luce e architettura nel contesto urbano - luce nel rapporto tra diverse opere d'arte - luce e luoghi di vendita.
Museo d'Orsay, l'architettura diventa un grande dispositivo di illuminazione per riflessione delle lampade a creare una luce uniforme in assenza di ombre. I gruppi di proiettori istallati a Palazzo Grassi lavorano come in un piccolo campo da calcio. Qui nasce un nuovo tipo di apparecchio, lampade con riflettore e supporto articolato danno vita al "Cestello". L'illuminazione delle facciate di Spas Na Krovi costituisce la prima sperimentazione del metodo per composizione di fasci: questo consente la riduzione delle dimensioni del dispositivo e il controllo di dispersione della luce.
Nel lavoro di Piero Castiglioni si possono identificare delle "linee guida", pur essendo il suo un approccio al progetto sempre diverso. Attraverso la luce definisce il rapporto tra architettura e ambiente urbano, evidente a Palazzo Grassi. La luce diventa uno strumento di differenziazione degli spazi e dei percorsi. Importante è il controllo della luce artificiale (come al Museo d’Orsay): il progetto è il risultato dello studio dei rapporti tra la fonte di luce e la riflessione sulle superfici (pareti, soffitto, pavimento). Queste analisi portano alla scelta della tipologia, della collocazione e dell’orientamento delle sorgenti.
Piero Castiglioni: l’Architetto della Luce
Negli anni ‘70 inizia l’attività di Architetto della luce nello studio di via Presolana 5, a Milano. L’interesse per la luce in relazione all'architettura si manifesta attraverso l'integrazione e l'utilizzo della luce artificiale come componente dello spazio architettonico. Più di 1000 progetti all'attivo in tutto il mondo, una lunga carriera che ha raggiunto il 50°anno di attività. Una galleria di progetti, composta da una selezione di lavori, contraddistingue la filosofia progettuale dello studio.
L’architetto Piero Castiglioni sostiene che il progetto di illuminazione sia comparabile al progetto di architettura, articolato e mutevole in funzione degli sviluppi tecnologici e dell’evoluzione dei modelli culturali, non segue schemi o stilemi. Paragona la sua professione a quella del chirurgo: ogni intervento è sempre differente dal precedente. "Il segreto per produrre un buon progetto è azzerare tutte le memorie e analizzare bene il contesto in cui si trova l’oggetto, prima di operare su di esso. Se riesco a farlo bene è proprio lui che mi dice come vuole essere illuminato".